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Scoperte dal mondo dell’arte solo negli Anni Settanta del Novecento, le pitture monocrome della cultura warli sono basate su motivi geometrici e figure di forma triangolare e si distinguono dalle pitture popolari policrome della tradizione indiana. Il bianco che si staglia sulla superficie delle pareti di fango rosso-bruno, all’interno delle abitazioni, sembra abbagliare come per magia l’ambiente durante la stagione dei matrimoni. L’interno del chavuk, il quadrato magico, si anima di paesaggi dove si intersecano e moltiplicano figure umane e animali in continuo movimento sincronico, sciamani e streghe, alberi fantastici ed elaborati motivi decorativi: al centro, la figura della Dea Madre che attribuisce alle donne warli poteri particolari, perché generatrici di vita. La pittura warli con la sua esuberanza e vitalità è un flusso ininterrotto, le cui origini sono rintracciabili nel tempo remoto della storia dell’Uomo: sono infatti singolari le continuità culturali e iconografiche con le pitture rupestri mesolitiche dell’India centrale; ma è al tempo stesso un’arte inesauribile e in grado di reinventarsi, proiettata nel futuro e fonte di ispirazione per l’arte contemporanea. Roberta Ceolin, studiosa e collezionista, ha visitato per i suoi interessi storico-artistici, archeologici e antropologici molti Paesi dell’Asia, compiendo ricerche sul campo sulle popolazioni indigene del subcontinente indiano. Ha pubblicato svariati articoli su riviste specialistiche e organizzato mostre sull’argomento in Italia e all’estero; ha collaborato con enti culturali e tenuto lezioni e conferenze in diversi atenei, tra cui Università Ca’ Foscari di Venezia, Università La Sapienza di Roma e Università degli Studi di Milano. Le sue collezioni del mondo tribale indiano sono state ospitate anche in prestigiose sedi museali; ultima, in ordine di tempo, al Museo del Gioiello di Vicenza.